In ricordo di Franco Sbrolla

 “A egregie cose il forte animo accendono

L’urne dei forti … e bella

E santa fanno al peregrin la terra

Che le ricetta”

                                                                                        Foscolo, Sepolcri

All’improvviso, il 20 agosto u.s., concludeva la sua umana vicenda Franco Sbrolla, membro del direttivo di ” Italia Nostra”, sezione di Atri e Terre del Cerrano.

Lo conoscevo da una vita. La sua famiglia era sfollata da Roseto degli Abruzzi ad Atri durante il secondo conflitto mondiale e, nella città degli Acquaviva, tornava ogni domenica attratto dalla bellezza dei paesaggi, dalla plurimillenaria storia, dal patrimonio artistico e archeologico.

Proverbiali erano il suo garbo e la sua modestia. Sapeva dialogare con tutti, senza mai assumere atteggiamenti professorali, nonostante vantasse una cultura storico-locale di rilievo. A tal proposito fanno testo le sue profonde ricerche e pubblicazioni su Giuseppe Devincenzi (1814-1903) e Pietro Baiocchi (1834-1860). Com’è noto, il primo, nato a Notaresco, fu più volte Ministro dei lavori pubblici all’indomani dell’unità d’Italia,  fondò la società generale dei viticoltori italiani; gestì direttamente le sue tenute introducendo innovazioni agricole accolte con entusiasmo in patria e all’estero. Il secondo, P. Baiocchi, atriano, è stato l’unico abruzzese a partecipare alla spedizione garibaldina dei mille. Spirito ribelle e patriota inflessibile, disertò dall’ esercito sardo, s’imbarcò a Quarto, partecipò al violento scontro di Calatafimi, cadde da eroe alle porte di Palermo. Franco Sbrolla ha rievocato i due personaggi magistralmente spiegando ruoli, fatti e situazioni. Raccoglieva notizie, compilava schede, frugava negli Archivi di Stato e in quelli privati mettendo a confronto i documenti ivi esistenti. Nella sua metodologia non c’era posto per l’improvvisazione.

Stroncava le astratte esposizioni dei chiacchieroni che discettano su tutto e qualcosa d’altro, de omnibus rebus et quibusdam aliis. Lavorava su materiale storiografico pertinente fino a raggiungere una lettura scientifica e completa degli avvenimenti. Franco Sbrolla non è stato solo uno studioso di storia locale. Ha dedicato l’intera vita all’ecologia. Vivo è il ricordo della sua partecipazione a difesa di valori inalienabili quali: ambiente, arte, paesaggio, legalità. Tralasciamo le battaglie nazionali e regionali che lo vedevano in prima fila con il vessillo di “Italia Nostra”. E rammentiamo il suo costante, significativo contributo per:

–  la difesa dei centri storici (Atri, Mutignano, Roseto, Silvi Paese);

–  la tutela del   paesaggio (aree agricole, colline, litorale);

–  la rivitalizzazione sociale delle borgate e periferie;

–  il buon funzionamento di musei e biblioteche;

–  il disinquinamento del fiume Vomano;

–  l’opposizione al progetto “Roseto Village”;

–  l’istituzione della Riserva naturale guidata nel tratto di costa a nord di Roseto,                        località Borsacchio;

–  proteste ed esposti contro l’abbattimento parziale e la trasformazione incongrua      di          un’antica villa di Roseto.

Potremmo continuare a lungo ma conviene fermarsi per ribadire che Franco Sbrolla è stato un riferimento insostituibile per quanti auspicano un salto di qualità della vita, un habitat sano ed integro, un contesto urbano democratico e conviviale. Pensava globalmente; agiva localmente. Era consapevole del feroce ruolo delle multinazionali nella deturpazione dell’ ambiente, estinzione di risorse non rinnovabili e “consumismo” strategico. In nome del profitto, nella maggioranza dei casi, esse creano false esigenze con prodotti inutili, reclamizzati con messaggi pubblicitari ingannevoli che promettono successo, bellezza, vitalità e prestigio ai poveri avventori ipnotizzati e assopiti. Quante volte ne abbiamo discusso privatamente e nei convegni.

Franco Sbrolla, lo abbiamo detto, sed repetita iuvant, aveva un carattere semplice e generoso. Considerava l’amicizia un bene umano prezioso. Avvertiva il bisogno di rapporti sinceri con altri e, nei limiti delle sue possibilità, era disponibile ad ogni richiesta di aiuto. Senza amici, solidarietà e socializzazione, la vita gli sembrava un deserto. Nessuna meraviglia, quindi, se il 4 ottobre u.s., giorno del suo onomastico, numerosi cittadini e associazioni di Roseto, assieme ai famigliari, hanno voluto commemorarlo piantando un ulivo nel parco pubblico. Cerimonia toccante. In materia di ipotesi, piace immaginare quale sarebbe stata la sua gioia se avesse potuto prevederlo. Francesco D’Assisi, con il Cantico delle Creature si è rivelato ambientalista ante litteram. Le forze della natura sono sempre provvidenziali. Il sole dona luce e calore; la luna e le stelle animano gli incanti notturni; il vento e le nuvole favoriscono i raccolti. E ancora l’acqua, la terra, il fuoco, i fili d’erba …

L’intero creato è splendido tesoro. Vi è di più. L’Ordine Francescano, sulla scia del cristianesimo primitivo, voleva rendere operante lo spirito sociale del Vangelo e, attualmente, Papa Francesco,  nell’Enciclica “Laudato si'” ne riprende l’insegnamento intrecciando difesa dei beni comuni (acqua, aria, terra) e biasimo per l’idolatria del denaro. Tanta ricchezza tematica ha ispirato Franco Sbrolla nelle sue poesie e preghiere “laiche”, ugualmente valevoli per credenti, atei e agnostici.  Vi sono fratelli con ideologie diverse che nutrono lo stesso progetto: l’emancipazione hic et nunc delle classi sfruttate, dei popoli oppressi, delle culture disprezzate. Ad essi Franco si rivolgeva con fiducia.

Nel simbolico piano salvifico del Cristianesimo vi è l’ulivo benedetto i cui ramoscelli e olio sono presenti nelle celebrazioni liturgiche solenni: battesimo, cresima, viatico, domenica delle Palme, ordinazione di vescovi e sacerdoti. Nell’antica Grecia l’ulivo, dono di Minerva, dea della sapienza, era segno di pace e di merito. La corona dei suoi rami ornava il capo degli ambasciatori e vincitori dei giochi Olimpici. Attualmente, l’ulivo assurge a simbolo europeo della civiltà agreste a cui Franco era legato. Nelle lunghe passeggiate contemplava i campi ondeggianti di spighe, le piante secolari, le macchie boschive, i corsi d’acqua. Catturava le immagini con la macchina fotografica e le commentava avvertendo però la necessità di sottolineare la crisi economica che affligge l’agricoltura.

Caro Franco, mai avrei immaginato di dover scrivere in tua memoria. Per umanità, intelligenza e anticonformismo sei stato tra i migliori che abbia conosciuto. Possa il tuo luminoso esempio incoraggiare i giovani nelle scelte giuste. Rimarrai sempre nel nostro cuore e idealmente, ti abbracciamo con la riconoscenza, la stima e l’affetto di sempre.

                                                                                                                   Aristide Vecchioni

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