Grazie al sindaco Pavone, e al suo sodale Fornaciari, la comunità rosetana ha appreso, il 4 marzo u.s., che in via Colombo, oltre agli alberi da abbattere per permettere la creazione di 180 posti auto a pettine, ci sarà la demolizione del marciapiede e la mattanza degli altri maestosi pini, indicati dalle Ferrovie dello Stato.
Che sono quelli ritenuti a rischio per l’incolumità pubblica, a seguito del passaggio dei treni ad Alta Velocità, come il Frecciarossa che da alcuni mesi parte anche da Pescara.
E siccome le varie Frecce spesso si incrociano proprio a Roseto, e fanno tremare i fabbricati di via Colombo, ne consegue, che con l’incremento dei convogli, l’aumento della velocità e l’assenza dei filari di pini fonoassorbenti, le case e i palazzi, anziché tremare, cominceranno a ballare.
Contattato dagli amici, e in assenza di un pur minimo intervento dell’Amministrazione comunale, ho scritto al presidente delle Fs, per metterlo al corrente di alcuni provvedimenti adottati, tra i quali la chiusura dei bagni pubblici e della sala d’attesa della Stazione.
Che continuano a causare disagi ai viaggiatori e danni irreparabili all’immagine di Roseto, sprofondata a livello dei paesi incivili.
Per quanto concerne le sbandierate richieste e diffide pervenute al Comune di Roseto dalle Fs e dalla Prefettura, le norme del D.P.R. n. 753/1980 non riguardano i pini di via Colombo, esistenti molto prima del 1980, e l’eventuale abbattimento è consentito solo nei casi comprovati di pericolo o di stretta necessità, e non per aumentare i posti auto.
Inoltre, come si rileva dalle sentenze della Cassazione, le Amministrazioni comunali hanno il potere-dovere di custodire il verde urbano, e in caso di danni causati dalle cadute degli alberi, devono dimostrare di averli curati costantemente, e di aver operato un efficace, regolare ed adeguato controllo per evitarne la caduta.
E gli amministratori rosetani sono pienamente responsabili, in quanto hanno sempre dimostrato di essere affetti da una grave malattia, chiamata alberofobia.
Riguardo poi alla demolizione dell’attuale marciapiede, ne soffriranno i bambini, gli anziani e i diversamente abili, che non avranno più lo spazio necessario per muoversi in sicurezza, specie nel periodo estivo, quando via Colombo, super trafficata, diventa una giungla.
Avviandomi alla conclusione, occorre riconoscere che su tutti gli argomenti sopraesposti, sono state le donne a dimostrare una maggiore saggezza e sensibilità rispetto agli uomini.
E oggi, 8 marzo 2016, nel giorno della loro festa, mi sembra doveroso riportare le considerazioni di quattro grandi personaggi, tre donne e un uomo, che hanno stigmatizzato i progetti realizzati da Pavone e Fornaciari.
– Dacia Maraini, la scrittrice italiana più tradotta nel mondo, che sulla Riserva naturale Borsacchio così ha scritto tramite il Corriere della Sera: “C’è chi si riempie la bocca della magica parola Sviluppo. Ma è cieco e sordo chi pensa che lo sviluppo consista solo nella moltiplicazione delle case e nelle gettate di asfalto. Sono gli speculatori che fingono di non sapere. E gli amministratori pubblici che usano in malafede la parola Sviluppo”.
– Maria Rita D’Orsogna, abruzzese italo-americana, docente universitaria di fisica a Los Angeles: “L’assessore Fornaciari del Comune di Roseto non sa di cosa parla, oppure lo sa ed è più facile dire che è tuttoaposto. Il Borsacchio non è salvo per niente. Parliamo della malaugurata vicenda delle trivelle petrolifere nella concessione Villa Mazzarosa. E adesso? Adesso occorre che i cittadini continuino ad assillare il Fornaciari, il sindaco di Roseto Enio Pavone e tutte le mezze cartucce che amministrano quella zona e che non hanno fermato questo scempio”.
– Grazia Scuccimarra, attrice abruzzese osannata in tutti i teatri d’Italia, e grande amica di Roseto.
E’ intervenuta al sit-in del 27 febbraio u.s. contro la demolizione del marciapiede e la mattanza dei maestosi pini, e parlando al microfono ha dichiarato: “Le amministrazioni pubbliche in generale deludono spesso l’interesse pubblico. Agiscono come il peggior nemico del bene collettivo, sovente sulla base di una ignoranza assoluta della storia. Spero che questo progetto non si faccia”.
– Vittorio Sgarbi, critico d’arte, scrittore e saggista. Intervenuto a Roseto Nord, bocciò l’assetto urbanistico con la frase: “Cementificazione selvaggia e svalutazione del patrimonio artistico e culturale”. E rincarò la dose definendo il viale Makarska “privo di qualsiasi gusto architettonico nonché ambientale”. Presentatore a Teramo della Mostra antologica dedicata a Pasquale Celommi, pronunciò la frase storica: “Nei dipinti di Celommi c’è Dio e un Abruzzo felice”.
Compensò così, con la venerazione di un grandissimo artista rosetano, pittore della luce, il lapidario giudizio sull’operato dei nostri amministratori.